martedì 21 marzo 2017

IL MORSO DELLO SCIACALLO






Il morso dello sciacallo è l’ultimo romanzo di Paolo Di Orazio (già presente in questo blog con una brevissima intervista e con la recensione di Debbi la strana).
Di Orazio dal mio punto di vista, rappresenta al meglio il proverbio: nessuno può essere profeta in patria.
Già perché lo scrittore che ha ricevuto anche il premio Polidori, le sue soddisfazioni se l’è tolte, però ha raccolto sicuramente molto meno di quello che ha seminato.
Una carriera molto poliedrica, da artista puro e da appassionato del genere horror, come dimenticarsi i fumetti di Splatter, Mostri (Acme edizioni), che diedero il là ad una vera e propria ondata di uscite nelle edicole come Bloob, Gore Scanners che presero molto spunto, dalle creazioni del team di Paolo.
Primi delitti, che portò in Italia quella corrente letteraria che amo così tanto, ovvero lo splatterpunk.
L’indagine parlamentare che ne seguì, si può inserire tranquillamente nella scarsa comprensione dei testi e nella mancanza di ironia da parte di molti cazzoni in giacca e cravatta.
L’ironia: una delle componenti fondamentali della produzione letteraria di Paolo Di Orazio, cosa che lo contraddistingue anche nella sua vita privata.




Il morso dello sciacallo è un libro molto visivo, l’ho letto e l’ho vissuto come fosse stato un film, mi immaginavo i volti dei personaggi, i luoghi dei delitti e anche le modalità con cui avrei potuto realizzare gli omicidi, servendomi dell’ausilio di qualche esperto di effetti speciali.
L’ambientazione è Roma, una città notturna, sporca, piena zeppa di vicoli, di boschi dove i disperati come tossici, prostitute e papponi, tirano a campare tra mille espedienti.
Ma soprattutto dove tutti gli scontenti, possono regredire e provare il brivido della trasgressione di scopare con un trans o una prostituta minorenne.
Come contrapposizione a questi disadattati, si staglia sulla città l’inquietante presenza di Afareen un piccolo bambino prodigio e il suo manager Murnau, pronti a conquistare il pubblico e a succhiare l’innocenza ai giovani seguaci del nuovo fenomeno del web.
Il morso dello sciacallo, consiste in poco più di trecento pagine, molto scorrevoli e contiene tutte le caratteristiche del modo di scrivere di Paolo Di Orazio:  violenza estrema descritta nei minimi particolari (alcuni omicidi sono veramente forti), ironia ed eleganza formale.
Perché lui sa scrivere e come tutti i bravi scrittori, renderebbe interessante anche la lista della spesa.
Un’altra cosa che mi ha particolarmente colpito è il riuscire a non scadere mai nella volgarità.
In questo libro, sono presenti diverse scene di sesso estremo, descrizioni di fluidi corporei, piercing genitali, e altri espedienti tipici dello splatterpunk, eppure si legge che è un vero piacere.
I personaggi sono tutti ben caratterizzati, caricaturali ed eccessivi anche nei gesti più quotidiani come mangiare delle polpette cucinate dalla mamma.
La superba caratterizzazione, permette allo scrittore di poter usufruire dei suoi interpreti ogni volta che vuole all’interno del romanzo, tanto rimarranno scolpiti nella mente del lettore.


Federico Tadolini

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