martedì 25 ottobre 2016


                                                  INTERVISTA A LUCA GUERINI









1- Ciao, presentati ai nostri lettori, parlando della tua formazione artistica
Sono regista teatrale da ormai tredici anni ho studiato alla Piccola Scuola di Teatro di Pino Leone poi ho proseguito alla Scuola delle Arti (corso di attore, videofilmaker e sceneggiatore) con insegnanti del calibro di Pino Quartullo, Giovanni Diotiaiuti, Luciano Melchionna, Paolo Orlandelli, Marcello Cotugno, Stephen Natanson, Fioretta Mari, Salvatore Basile, Daniele Vicari... appena diciottenne ho creato un mio gruppo con quattro ragazzi dell’Oratorio Salesiano che frequentavo e attualmente i casting che annunciamo hanno circa quattrocento iscritti da tutt’Italia. Di strada ne è stata fatta insomma! Nel percorso infatti ho partecipato e vinto premi nazionali per il teatro innovativo che mi hanno portato ad essere per due anni ospite fisso in Rai alla trasmissione di Gigi Marzullo “Il Cinematografo” nel quale commentavo i film in uscita. Da due anni, per motivi di studio (ho preso nelle Marche la seconda laurea e lo scorso anno la terza), mi sono trasferito a Pesaro ed ho creato un gruppo che comprende una quarantina di attori provenienti dalle province di Rimini e Ancona. A Roma, invece, continuo il lavoro con attori professionisti, d’Accademia e volti noti di televisione e cinema.

2- Spiegaci come è nato l’incontro con Roberto Ricci e come ti ha convinto ad accettare di curare la regia del Segreto di Caino
Quando ho conosciuto Roberto venivo dal primo premio conquistato da un mio cortometraggio/spot di promozione del territorio dell’Alto Lazio che è stato appunto usato dalla Provincia per meeting e fiere internazionali e dalla proiezione del mediometraggio “Cibo” all’International Tour Film Fest a cui partecipavano registi di 61 nazioni. Coinvolgendo persone del territorio con la passione del cinema abbiamo iniziato a lavorare su questo progetto e buttato giù la sceneggiatura dal soggetto di Roberto che mi ha subito conquistato perché vicino al repertorio che teatralmente mi ha reso famoso.



3- Come si sono svolte le riprese? Parlaci del processo realizzativo, scelte del cast e strumenti tecnici che hai deciso di utilizzare
Penso innanzitutto che nel cinema siano molto importanti nella resa finale gli aspetti economici e gli strumenti tecnici utilizzati ed il progetto IL SEGRETO DI CAINO è stato realizzato veramente a zero budget. Lo stesso progetto con strumentazioni e budget economico diverso avrebbe avuto differente resa, ma non ha senso sognare o fare i conti con ciò che non si ha. Gli attori coinvolti, che magari mi conoscevano teatralmente, hanno sposato il progetto con grande serietà ed impegno nonostante ad esempio la difficoltà oggettiva del fatto che provenissero chi da Milano, chi da Roma, chi da Viterbo, chi da Piacenza, chi da Rimini ed alcuni erano alla loro prima esperienza davanti alla telecamera. Non ritengo che dare fiducia a chi ha voglia di migliorarsi sennò faremmo il discorso del “cercasi apprendista con esperienza”.

4- Parlaci del passaggio teatro- cinema, codici diversi e problematiche diverse, come ti sei trovato in questo passaggio?
 Come dicevo non sono scevro di regia cinematografica anche se dichiaro di non essere esperto in strumentazioni tecniche ed altri accorgimenti pratici e sono dell’idea che ognuno deve fare quel che sa fare, quindi mi sono avvalso di collaboratori della zona che avevano maturato esperienze precedentemente e hanno dato anche loro il massimo e devo pubblicamente ringraziarli. E’ ovvio che se una cosa va bene è merito di tutti, se una cosa va male è colpa del regista, ma questo succede anche nel teatro...

5- Il segreto di Caino affronta uno dei temi più scottanti ovvero la prostituzione omosessuale, hai avuto problemi con il cast per alcune sequenze audaci presenti nella pellicola?
Assolutamente perché, come spiegavo, come regista teatrale sono conosciuto per un percorso di ricerca antropologica sugli istinti primordiali quindi lavoriamo abitualmente su scene di aggressività, nudità, sessualità, paura, violenza e vergogna che confluiscono nei nostri spettacoli teatrali e prodotti video. La proposta di Roberto era totalmente nel nostro repertorio quindi l’abbiamo affrontata dando il massimo, comunque non parlerei di “audace” nel senso che non c’è nulla di volgare o vouyeristico nel medio metraggio ma è tutto ben studiato e funzionale alla trama da raccontare.

6- Sei soddisfatto del risultato finale del segreto di Caino? Cosa a tuo modo di vedere funziona e cosa no?

Parlando tempo fa con un attore mi chiedeva perché tenessi nel nostro canale Youtube video anche molto amatoriali di spettacoli che avevamo fatto, riprese di monologhi nei primi anni di Skenexodia e mi ricordo di aver risposto con grande limpidezza “perché c’è stato quel passo sono arrivato dove sono”, non penso che si possano fare quattro gradini di una scala tutt’insieme. Ci sono dei problemi tecnici riguardanti il rumore di fondo in alcune scene o il fuoco in altre, ma anch’esse fanno parte del progetto che abbiamo portato avanti quindi non c’è nulla da rinnegare o disconoscere. Altre cose come lo sguardo in macchina voluto in alcune battute chiave, gli scavalcamenti di campo, la presenza di scene “inutili” alla narrazione (l’ispettrice che prende il caffè con la vicina, Fosco che guida...), la presenza di una canzone di Raffaella Carrà nell’ultimo omicidio o i titoli di coda nell’agenda della venditrice immobiliare sono segni distintivi del mio stile e chi mi conosce può trovarvi identità, ovvio che chi non ha mai visto un mio spettacolo li possa trovare spiazzanti o sbagliati, ma spero che anzi questo incuriosisca al punto da venire a teatro a vedere quel che combino...


Federico Tadolini

venerdì 21 ottobre 2016

                                                  IL SEGRETO DI CAINO








Dover recensire un film, purtroppo ha anche i suoi lati negativi soprattutto quando devi scrivere in maniera non felice di un prodotto indipendente.
Una cosa che dispiace veramente, perché sono consapevole del dispiego di energie che si ritrovano dietro questi progetti, però la serietà e la sincerità sono elementi che vengono sempre prima .
Roberto Ricci autentico amante del giallo, valido scrittore con all’attivo già tre libri e numerosi racconti sparsi per diverse antologie, affida la regia a Luca Guerini, proveniente dal mondo del teatro per questo suo soggetto.
La regia a teatro è tutta un’altra cosa rispetto al cinema, codici diversi, diversa gestione degli attori e tutta una serie di espedienti tecnici che non sto ad elencare, che nel cinema se non vengono utilizzati da esperti del settore, possono pregiudicare completamente il lavoro.
Un esempio classico e come vedremo è uno degli elementi maggiormente negativi del segreto di Caino è l’audio, nel cinema soprattutto nelle riprese esterne il pericolo di vedere danneggiate delle riprese anche buone, è grosso, ma anche negli interni i piccoli rumori a cui magari non diamo peso, nel risultato finale e ad orecchie esterne possono veramente infastidire.
Il segreto di Caino parla di alcuni omicidi che avvengono nel sottobosco della comunità gay in cui alcuni giovani ragazzi si prostituiscono per ottenere regali costosi o denaro.
La storia ruota intorno alla figura di Fosco, un uomo di mezz’età che adesca su internet questi ragazzi per poi utilizzarli per i suoi giochi sessuali e per la particolare fissazione per i capi intimi dei giovani.
In italia, paese altamente omofobico e incline allo scandalo a tutti i costi (assurdo con tutti i problemi che ci sono organizzare manifestazioni altamente razziste e vergognose come il family day), l’argomento non è stato quasi mai affrontato se non in commedie becere e che non riescono a far riflettere lo spettatore.
Quindi devo dare atto a tutto il cast del film della durata di trenta minuti, di affrontare la questione senza troppi peli sulla lingua e senza fronzoli.
Purtroppo come detto precedentemente i meriti finiscono ben presto, perché sono trenta minuti tirati veramente per le lunghe, dove i dialoghi sono poco curati e c’è pochissima azione, portando lo spettatore ad annoiarsi, che per un giallo è una cosa altamente negativa.
I titoli iniziali indugiano per diversi minuti sul volto di un attore e le sue smorfie (capisco che è una scelta del regista, ma sinceramente un inizio del genere non l’ho veramente capito), per poi introdurci il personaggio di Fosco.
Qua subentra appunto uno dei difetti maggiori del film: l’audio, che a tratti diventa quasi insostenibile con il rumore esterno che sovrasta il dialogo, quasi a infastidire lo spettatore, cosa che purtroppo si ripete anche nel dialogo tra la donna e Fosco davanti all’ingresso della casa, col rumore del traffico e della pioggia che sovrasta la voce degli attori.
La nouvelle vague ci ha insegnato che le regole possono essere scardinate, però lo sguardo in macchina da parte degli attori è uno degli errori più assurdi e intollerabili che ci possano essere, che fa sprofondare il prodotto filmico nel più basso stato dell’amatorialità.
Le location andrebbero sfruttate meglio: gli interni della casa se non adeguatamente preparati (scenografo oppure lo stesso regista che sistema le cose che non vanno assolutamente inquadrate.. piccola postilla, ti ricordi Roberto per guanti neri, quanti oggetti abbiamo spostato nel negozio di Andrea?), rischiano veramente di far abbassare la qualità del film, facendo capire allo spettatore la povertà di mezzi e il grandissimo errore di accontentarsi .
Oppure altra soluzione: non riprendere in campi troppo stretti e allargare la ripresa.
Sempre riguardo la regia, non ho capito il “fuori fuoco” della macchina da presa quando riprende un attore durante un dialogo, per poi ritornare sul fuoco.
Perception shot? Ma a che riguardo? In ogni caso non è una cosa giustificata, il “vezzo” registico (non voglio parlare di errore tecnico, perché sarebbe una cosa troppo forte), deve essere giustificato, soprattutto se in un caso isolato come questo, visto che per il resto della pellicola, la regia si mantiene in maniera lineare pur se adottando scelte registiche di dubbia qualità (la ripresa in macchina da dietro con la camera piazzata male che riprende di sbieco Fosco mentre parla, mentre si tiene sul poggiatesta del passeggero).
Una cosa invece che devo dare merito al regista è l’essere riuscito (cosa difficilissima), a non scadere nel becero e nella  volgarità, cosa che per l’argomento trattato sarebbe stato il pericolo maggiore.
Le recitazioni non mi hanno convinto, ma non pregiudicano il risultato finale, capisco che i personaggi vogliono essere ripresi e descritti nella loro quotidianità, senza risultare troppo accattivanti, quindi ci possono anche stare.
La musica invece è un elemento parzialmente positivo: ovvero è ottima quando si mantiene su di un binario strumentale, particolarmente ritmato e inquietante in modo tale da far accrescere la tensione, scade molto invece quando la soluzione adottata è la classica canzone melodica all’italiana.
Il finale è curioso: divertente e originale il passaggio dei titoli di coda, assurdo e imbarazzante invece lo sguardo in macchina dell’attore con il dialogo inerente Fosco.
Quindi considero il segreto di Caino un lavoro veramente poco riuscito, ma che se eliminati gli elementi tecnici veramente imbarazzanti che ho elencato e adoperando un buon montaggio avrebbe potuto anche funzionare.


Federico Tadolini

giovedì 6 ottobre 2016

L’acconciatura sbagliata




Dopo l’ottimo respiro tagliente e il buonissimo Buio rosso, il poliedrico scrittore Roberto Ricci si ripresenta con L’acconciatura sbagliata, edito da youcanprint e regolarmente acquistabile presso qualsiasi libreria.
Ricci è un amante sfegatato del giallo all’italiana e in particolar modo del cinema di Dario Argento presente in quasi tutti i suoi racconti, e anche nella versione a fumetti dell’accendino insanguinato.
Anche in questo romanzo troviamo tantissimo del Dario Argento che fu, citazioni comunque perfettamente riuscite e che non appesantiscono mai la lettura, anzi divertono il lettore.
La trama è molto semplice: in una piccola cittadina di provincia dove tutti si conoscono, un serial killer inizia ad uccidere parrucchieri, in modi molto cruenti e tutti i peccati e i segreti vengono inevitabilmente a galla.
Un commissario indaga per porre fine alle sue gesta.
Ricci ha uno stile molto semplice, lineare, perfettamente chiaro a tutti e questo è un grandissimo pregio.
Cosa deve fare uno scrittore? Mantenere la propria identità, scrivere nel modo più congeniale, come gli compete fare, senza nessuna forzatura.
E Roberto sa scrivere, senza forzare il suo modo, senza orpelli che non gli competono.
La storia non si sfilaccia (ricordo che è la sua primissima esperienza con un romanzo), ma perde un pochino di ritmo quando si spinge a descrivere tutti i vizi, i peccatucci dei protagonisti, diventando alla lunga un po’ stucchevole.
I personaggi sono tutti ben caratterizzati, a cominciare dal commissario Calcinacci a cui Roberto ha voluto dare (a mio modo di vedere in maniera azzeccatissima ) un volto umano, una persona piena di tentazioni .
Le descrizioni dei delitti funzionano e rispetto ai precedenti libri devo notare una certa predisposizione nel descrivere anche i particolari più macabri e anche le scene di sesso .
Da notare il primo omicidio molto macabro, anche se la descrizione della morte del gatto sinceramente l’ho trovata un po’ troppo gratuita.
Come detto precedentemente Ricci sa utilizzare molto bene i codici del genere, e per esempio la scena sul pullmann con la figura minacciosa del serial killer è veramente riuscita, mantenendo una certa suspense non facilissima da costruire.
Purtroppo il finale non mi ha convinto quasi per niente, sia per una citazione veramente troppo simile ad un capolavoro di Dario Argento che non voglio citare per non svelare troppo e soprattutto per la soluzione finale che sicuramente va premiata per l’originalità ma che a mio modo di vedere, andava sviluppata in maniera meno frettolosa.
Federico Tadolini