venerdì 21 febbraio 2014

THE PROVIDENCE

Horror music made in hell


1-    Coming you
2-    Tarot for the people train
3-    Interlude for the dead
4-    Take a look through the hills
5-    Never sleep again
6-    Tall man
7-    Everynight comes the blind
8-    Slasher
9-    We eat you at midnight
10-                      Cursed
11-                      Death bag
12-                      Don’t go to town
13-                      Rosemary 







Esordio di Bloody hansen col suo progetto The Providence .
Per chi non avesse letto la mia recensione scritta un mesetto fa sul secondo disco The bloody horror picture show pubblicato dalla black widow di Genova, che tipo di progetto è The Providence?.
E’ una sorta di progetto che sulla scia dei primissimi Death ss ma anche di altri gruppi meno conosciuti come Runes order fonde il proprio amore per il cinema horror e per la musica.
Se nel secondo disco c’erano suoni più disparati e un uso maggiore dato alla voce sempre “pulita” e mai usata con eccessi growl, in questo primo album che consiste in tredici tracce viene data più importanza alla strumentazione e ai samples estratti da film classici horror ad altri più di nicchia come per esempio il bosco fuori di Gabriele Albanesi.
C’è da dire che questi estratti vengono “utilizzati” ad arte a seconda dei temi trattati nella canzone .
Già perché il disco lo possiamo considerare come un concept album (l’horror nelle sue molteplici forme) ma i temi sono i più disparati: lo zombie, il satanismo , la stregoneria.
Si capisce subito la bontà del progetto che sarà più sviluppato e curato nel disco successivo ma anche in questo caso parlerei sicuramente di un album che fa il suo lavoro: ovvero fa divertire ogni horror fan che si rispetti .
La copertina è emblematica: uno scorcio di un vecchio cimitero e spaziando con la mente ci possiamo immaginare una scena con una bella fanciulla poco vestita in fuga da qualche zombi putrido che tenta di mangiarsela.
Un immagine che può far venire in mente le classiche copertine di Oltretomba il celebre fumetto horror.
La canzone che spicca sulle altre è slasher con un intro con la classica motosega a fare da apripista per il massacro.
Quindi consigliatissimo agli amanti del buon vecchio cinema horror e ovviamente anche agli appassionati di un certo tipo di musica sicuramente non commerciale ma meritevole di essere valorizzata.
Alcune canzoni andranno a far parte di un cortometraggio che uscirà quest’estate in dvd.

martedì 18 febbraio 2014




DON’T FORGIVE





In attesa che i ragazzi finiscano il montaggio volevo spendere due parole su questo interessante cortometraggio .
Innanzitutto il regista è Samuele Valente già operatore di recording di Stefano Rossi e di M is for Mouth di Raffaele Picchio (Morituris).
La sceneggiatura è di Lorenzo Paviano e come supervisore per gli effetti speciali troviamo un altro grosso nome che è Tiziano Martella .
Un ragazzo in catene , coperto di sangue e allo stremo delle forze, un uomo col fucile e una ragazza col coltello . Certe volte bisogna uccidere o morire.
Parole dello stesso sceneggiatore si annuncia come un thriller molto duro tendente all’exploitation e dando una sbirciata al trailer non dovrebbe deludere i patiti del genere

SOGGETTO E REGIA: Samuele Valente SCENEGGIATURA: Lorenzo Paviano DIALOGHI: Riccardo De Flaviis AIUTO REGIA/EDIZIONE: Anita Romeo DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA: Roberto Ricci ASSISTENTE ALLA FOTOGRAFIA/ELETTRICISTA: Marco Scalzo OPERATORI: Denis Gonzaga, David Barbieri FONICO DI PRESA DIRETTA: Andrea Pasqualetti, Giuseppe Froio POST PRODUZIONE AUDIO: Andrea Pasqualetti SPECIAL FX & MAKE-UP: Costanza Boncompagni MONTAGGIO/COLORIST: Andrea Cilento MUSICHE ORIGINALI: Tommaso Andreini, Andrea Pasqualetti, Alberto Calabretta SCENOGRAFIA: Anna Vaccaro TRADUZIONE SOTTOTITOLI: Clara Zavani INTERPRETI: Fabio Morelli, Lavinia Pini, Pietro Trisciuoglio, Sebastiano Sinni 

lunedì 10 febbraio 2014






RECORDING








Una delle sorprese positive del progetto collettivo 17 a mezzanotte dove ho aderito quest’estate è stato sicuramente Stefano Rossi.
Ad una prima visione solo per addetti ai lavori di 17 a mezzanotte mi ha particolarmente colpito il cortometraggio finchè morte non vi separi , gradevole , una storia malsana di chiara derivazione fumetto Splatter grazie anche alla partecipazione del mitico Paolo Di Orazio.
Prima di questo cortometraggio Stefano ha realizzato Recording un feroce cortometraggio con protagonista Francesco Malcom non nuovo ad esperienze nel cinema horror come per esempio la breve parte in Eaters di Boni e Ristori , Bloodline di Edo Tagliavini e perdita di fiato sempre di Tagliavini, a quando una parte come protagonista in un lungometraggio? Secondo me se lo meriterebbe.
Recording è ambientato in una location quotidiana ovvero una stanza da letto dove una coppia gioca con una videocamera comprata per riprendersi durante le loro effusioni .
Il tutto con un sottofondo di musica soft , il contesto viene subito ribaltato rendendo l’idea con un’immagine della stessa videocamera sporca di sangue e vedendo il povero Malcom legato al letto come un cristo : una specie di corona di spine in testa e la ball gang in bocca .
La situazione è ribaltata anche con la musica ora trasformata in un' ambient spettrale e drammatica e una fotografia più scura , notturna .
La storia è semplicissima: una coppia, un tradimento e la vendetta atroce della donna tradita , ma va benissimo così perché a mio modo di vedere un cortometraggio soprattutto di questo genere deve essere di facile comprensione per i suoi dieci minuti di durata senza perdersi in derivazioni psicologiche che la maggior parte delle volte sono comprensibili solo allo stesso regista.
Recording si colloca nel filone del torture porn con tutti i suoi espedienti: la ball gang , le sevizie e torture atroci, (anche se avrei fatto vedere anche l’evirazione qui solo accennata) , riuscendo nel proprio intento e non perdendosi nel mucchio grazie agli ottimi effetti speciali sapientemente sfruttati nelle riprese che si soffermano ripetute volte sulla gamba tagliata .
Buonissima la regia e la fotografia , sceneggiatura funzionale alla storia con tutti gli indizi per capire come si sono svolti i fatti (il dialogo sul whiskey e le donne è chiaro) , buonissime le recitazioni e ottimi gli effetti speciali del bravissimo Tiziano Martella .
Da notare anche la presenza di Raffaele Picchio (Morituris) come aiuto regista .
Consigliato.




Federico Tadolini

venerdì 7 febbraio 2014





THE DOLL SYNDROME

Attenzione consigli da osservare prima di avvicinarsi al film :
1-    Eliminate tutti i moralismi di sorta per lasciarvi trasportare dentro questo viaggio
2-    Abbandonatevi al connubio immagine- musica, non siamo di fronte alle cose effimere della videoarte , qua a condurre i giochi c’è un’artista con la A maiuscola, se ci riuscirete sarà un’esperienza
3-    Si avverte che avvicinarsi a doll syndrome è a proprio rischio e pericolo, è ancora più ostico che House of flesh mannequins il primo film di Cristopharo.
Qua la storia è quella di un uomo comune, TUTTI NOI siamo persone comuni .
4-    Il film contiene scene veramente disturbanti ed è esclusivamente per un pubblico maturo .

Il regista Domiziano Delveaux Cristopharo ha annunciato questo film come il secondo tassello dopo red krokodil (purgatorio) di una trilogia dove Doll syndrome rappresenta l’inferno .
Ovviamente è un inferno metaforico , ma che spaventa molto di più.
Doll syndrome è un viaggio nella vita di una comunissima persona sola , le immagini iniziali di spettacolarizzazione della violenza, rese ancora più drammatiche dalla musica del cristo fluorescente sono una chiara messa al bando dell’ipocrisia che attanaglia l’italiano medio .
Perché immagini fortissime come quelle delle torture in Iraq si possono vedere tranquillamente sulle prime pagine di quotidiani come Panorama , regolarmente esposti nelle edicole e alla portata di tutti ?.
L’ottimo Tiziano Cella che interpreta uno dei protagonisti del film (perché in questo caso qua tutti sono protagonisti ) emana solitudine sin dalle prime inquadrature in un’ambientazione domestica: una stanza da letto , un posacenere , una cucina .
Si capisce immediatamente la profonda disperazione dell’uomo , autolesionista , onanista.
Domiziano dialoga con noi attraverso i movimenti di macchina , utilizzando in queste prime scene una regia semplice, didascalica riprendendo i dettagli della sporcizia, dei medicinali del protagonista , cosa che dovrebbe cogliere anche lo spettatore meno attento .
Ed è un piccolissimo insegnamento di regia , ovvero come introdurre in cinque minuti un protagonista che badate bene ci vorrebbero dieci pagine di sceneggiatura per poter raccontare .
Capiamo subito dalle prime scene che siamo di fronte a qualcosa di spiazzante sia sul piano tecnico dove appunto non ci sono dialoghi ma dove entra prepotentemente la musica a creare un dialogo e anche sul piano prettamente visivo dove ci sono delle scene che faranno inorridire lo spettatore più conservatore come ad esempio la masturbazione con relativo sperma .
Ma tutto è funzionale alla storia , non ci possiamo scandalizzare , solo i migliori riescono a creare una scena del genere e mantenere l’eleganza, non scadere mai nella volgarità .
Anche in questo caso dico ATTENTI non fermatevi alla primissima sensazione di disturbo riavvolgete il nastro e ricordatevi le scene iniziali di spettacolarizzazione di violenza di guerra e riflettete.
Tiziano Cella è strepitoso: riesce ad emanare una sensazione di malessere, di disagio nello spettatore che sinceramente non ricordo di aver mai provato .
Ad esempio solo mangiando una brioche (quindi un gesto quotidiano ) per poi vomitare dentro ad un cassonetto , cosa che si ripeterà un’altra volta nel film (forse metafora sociale di persona che comunemente viene considerato un rifiuto nella società?) .
Sembra un personaggio invisibile , nessuno si accorge di lui, nemmeno se è seduto accanto , in apparenza senza protezione , per poi trasformarsi quando la sua unica esistenza di vita, una ragazza interpretata da Aurora Kostova sembra che gli venga portata via da un intruso (Yuri Antonosante).
Ma è ovviamente un semplicissimo pretesto, poteva essere anche un’altra ragazza a scatenare l’inferno .
Splendida è la scena in cui urina dentro alla bambola gonfiabile che dentro la sua mente sarebbe la ragazza di cui si è invaghito quasi come a voler entrare in completa simbiosi con lei .
Doll syndrome ad un pubblico più distratto può essere scambiato per un film povero : assenza di dialoghi , pochi attori, ma non è ovviamente così.
Realizzare un film del genere riuscendo ad incastrare alla perfezione tutti i tasselli del mosaico è cosa da pochi : riuscire ad introdurre la musica come quarto attore protagonista è cosa da pochi .
Una regia come questa come detto precedentemente andrebbe fatta studiare nelle università perché è uno spettacolo per gli occhi : riuscire a raccontare una storia del genere, descrivere ed introdurre allo spettatore un personaggio così complesso come il protagonista in pochissimi movimenti di macchina non è per tutti.
Non prendiamoci in giro , è una cosa che in apparenza sembra semplice ma non lo è , da notare la fotografia , i cambi di colore , si unisce la semplicità con l’estro artistico .
Anzi spero che qualche altro regista, non segua questo stile perché sarebbe nient’altro che un suicidio artistico annunciato.
Difficilmente nel cinema si trovano pellicole di così forte impatto , mi viene in mente Salò di Pasolini ma Doll syndrome a mio modo di vedere è ancora più spiazzante perché tratta di una persona con cui tutti ci possiamo immedesimare togliendoci di dosso l’ipocrisia che ci attanaglia .
Ha sprigionato un senso di pessimismo , di malessere che piano piano ti cattura, ti entra dentro e non te ne liberi più.
E non sto parlando di violenza (ci sono immagini fortissime di violenza e di tortura fisica ) nel senso più stretto della parola ….. a me ha disturbato di più la sensazione psicologica in cui Domiziano riesce a metterti con le spalle al muro , da solo con te stesso , con le tue paure, con le tue incertezze, con la tua ipocrisia .
Consiglio almeno una volta nella vita di provare questa esperienza a vostro rischio e pericolo .
Federico Tadolini