GIULIO CIANCAMERLA
1- Parlaci di te e del tuo background
cinematografico
Io nasco (e rimango) appassionato di cinema, letteratura e
musica in modo compulsivo. È stato così fin dall'infanzia, quando smanettavo
col primo videoregistratore e leggevo più o meno di nascosto i libri di Stephen
King. Durante l'adolescenza ho realizzato i tipici corti “no-budget” che
montavo direttamente in VHS e che cercavo di far proiettare un po' in giro. A
un certo punto ho capito la differenza tra arte e mestiere e ho messo da parte
la videocamera e i sogni di gloria per fare dieci anni di gavetta. Ho lavorato
come operatore e montatore per delle piccole tv private per poi iniziare a
propormi come assistente e aiuto regia, sempre in progetti indipendenti. Per
scelta mia e di altri. Posso dire che non conosco i set del “cinema vero”,
quelli dove il regista ha la sedia col suo nome e tutti gli apparati
scenografici. E per il momento mi sta bene così. In quegli anni di prime
esperienze, folgorato sulla via del punk, con alcun* “partner in crime” ho aperto
una micro etichetta-distribuzione di fanzine e musica rumorosa di vario genere,
che abbiamo portato avanti a intermittenza dal 2004 ad oggi. Questo ha
contribuito a consolidare un background fatto di stimoli diversi e l'interesse
per i mondi alternativi alla realtà codificata dal buonsenso.
2- Da dove è nata l’idea di Undercover
mistress?
Lucio Massa, produttore indipendente
che avevo conosciuto sul set di Hippocampus m 21th, finite le
riprese del successivo Violent Shit – The Movie di Luigi Pastore, mi ha chiesto
se me la sentivo di dirigere un corto. Dopo dieci anni di lavori alimentari, di
promo rimasti a metà e di ruoli da assistente, non aspettavo altro. Lucio mi ha
parlato di un suo soggetto che parlava di BDSM e ritualità, io gli ho proposto
una storia sulla decostruzione della vendetta “rape & revenge” e sullo
slittamento delle identità di genere. Abbiamo pensato che c'erano degli
elementi in comune, soprattutto il concetto di performance che riguarda tanto
il ruolo della mistress quanto il “gender”, così abbiamo scritto un trattamento
fondendo i nostri soggetti. Vista la comune passione per il cinema horror e
bizzarro, il principio base è stato usare le forme del “genere” per trattare il
contenuto delle “identità di genere”. Sia io che Lucio già pensavamo agli
attori/performer che sono stati coinvolti, quindi è stato naturale discutere
con loro tutte le sfumature della storia, soprattutto gli aspetti più spinosi,
prima di chiudere la sceneggiatura.
3- Quali sono state le principali
difficoltà per la realizzazione di questo cortometraggio?
Come in ogni lavoro low-budget le
difficoltà sono state di tipo pratico: abbiamo fatto cinque giornate di riprese
spalmate in tre mesi e per chiudere la post-produzione c'è voluto quasi un
anno. Abbiamo voluto seguire ogni aspetto al massimo delle nostre possibilità
ed eravamo consapevoli della dilatazione dei tempi. Dalla nostra abbiamo avuto
la massima disponibilità da parte del cast, della troupe e di supporters che ci
hanno aiutato in vario modo.
4- Hai incontrato problematiche relative
alla censura durante il percorso del film?
Non voglio assumere pose da maledettismo, che non interessa a
nessuno di noi, ma nel concreto in Italia abbiamo incontrato un muro di
silenzio. Se siamo arrivati a 40 selezioni ufficiali nel resto del mondo, qui,
esclusi L'Aquila Horror Film Festival e l'Underground Film Festival delle
Marche, non abbiamo ricevuto riscontri di nessun tipo. Non parlo dei grandi
festival istituzionali ma di quelli indipendenti, underground, horror, queer,
legati ai movimenti sociali e culturali o alla sessualità in genere che abbiamo
meticolosamente contattato. Sono perfettamente consapevole dei limiti tecnici
di un progetto indipendente come il nostro, della tematica ostica e
dell'approccio provocatorio che di certo non aiuta ma ci aspettavamo qualche
input in più. Magari anche delle stroncature. Quindi non saprei se definirla
censura o disinteresse. Inoltre ci sono state delle reazioni negative da parte
di chi ha voluto leggere nel corto un elogio dello stupro come vendetta e un
punto di vista sessista viziato dal mio essere “maschio-bianco-eterosessuale”.
Per fortuna si è trattato di una minoranza, per fare un esempio come al Berlin
Porn Film Festival, dove, con una sala piena e piacevolmente rumorosa, un
gruppo di ragazze ci ha attaccato e ha interrotto la presentazione. Questo è
stato l'aspetto più spiacevole perché dopo 15 anni di attivismo di vario tipo e
lavoro sotterraneo nella controinformazione, mi aspettavo degli attacchi da
fronti reazionari (visto che si parla di gender), e non da persone con cui
credevo di condividere delle battaglie culturali. Essere fraintesi insinua il
dubbio che stai comunicando male le tue idee ma è il rischio che corrono le
storie non lineari con degli elementi che hanno più letture allo stesso tempo.
Inoltre, sarà banale, ma oggi si fatica ad accettare la messa in scena del
nichilismo e l'assenza di moralità. Ma si sa, questa è una vecchia storia.
5- Che vita avrà questo cortometraggio?
Abbiamo deciso di tentare la strada
dei festival quindi per un anno il corto è rimasto inedito. C'è l'intenzione di
fare un dvd zeppo di extra , tra cui qualche vecchio lavoro in versione 2.0.
Probabilmente ci sarà una distribuzione online VOD e continueremo a lavorare
per proiettare Undercover Mistress in realtà parallele alle sale
cinematografiche. Tutte le news si troveranno, inevitabilmente, sulla nostra
pagina di quel marchingegno infernale che è Facebook.
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