venerdì 19 aprile 2019

NIGHTMARE CINEMA- MICK GARRIS CI RIPROVA CON UN HORROR ANTOLOGICO


NIGHTMARE CINEMA





Il regista americano Mick Garris, dopo gli esperimenti con le due stagioni dei Masters of Horror e la poco felice esperienza con Fear Itself, ci riprova nuovamente con un altro film antologico, radunando tre registi non troppo conosciuti e un grandissimo come Joe Dante.
Le regole sono sempre le solite, ovvero non pensare ad eventuali problemi di censura, e cercare di esprimere l’amore verso il cinema horror, con storie indipendenti l’una dall’altra, ma racchiusi da una cornice comune.
Il plot narrativo di questo film, è quanto di più semplice possibile, ma nello stesso tempo quello che più piacerà allo spettatore medio di horror, ovvero la sala cinematografica.
Ogni protagonista di ogni singolo episodio, si troverà a dover passare di fronte al cinema Rialto, e mosso da una strana sensazione, dovrà entrare ed assistere all’episodio, dove sarà il protagonista, sotto la guida del proiezionista interpretato da Mickey Rourke.



Il primo episodio The thing in the woods è diretto dal giovane talento cubano Alejandro Brugues, già autore del pregevole lungometraggio Juan of the dead.
Il segmento, sembra un puro divertissement totalmente slasher: una ragazza che corre nel bosco, una minaccia con un villain alquanto improbabile (il saldatore), un cottage e tantissimo sangue che scorre, mixato con tante risate (scena del rallenty ecc..).
Verso la fine, troviamo uno stravolgimento narrativo, che ci può stare benissimo, però gli insetti in animatronic sinceramente non mi hanno convinto quasi per niente, che posso capire essere omaggi ad un cinema da drive-in, però in ogni caso stonano con gli effetti artigianali, realizzati molto bene.
Proseguiamo con il “fuoriclasse” dei registi coinvolti nel progetto, ovvero Joe Dante, e ci spostiamo in una clinica per ritocchi estetici, nella più classica delle storie, ovvero una giovane ragazza, con evidenti cicatrici sul volto, che spinta dal futuro marito, si sottoporrà a varie operazioni, per migliorarsi.
La struttura narrativa è molto banale, ovvero sappiamo già tutto dall’inizio quello che succederà, e così infatti è.



Joe Dante, sembra svolgere il suo compitino, in maniera diligente, ma senza la sua caratteristica enfasi, il segmento scorre via senza nessuna voglia di andarlo a rivedere.
Mashit di Ryuhey Kitamura, forse è il pezzo che ero più curioso di vedere. Il regista fa parte di quella scuola di eccessi orientale che a me piace parecchio, ed ha precedentemente realizzato perle come Versus e Downrage.
La mia domanda era semplice: ovvero come avrebbe potuto coesistere il suo cinema fatto di budella, viscere, sangue, tipicamente orientale con registi europei con un'altra visione di cinema.
Si sarebbe rischiato un altro caso come per Imprint di Takashi Miike nei masters of horror.
Kitamura, se la cava bene, e anche in maniera un pochino ruffiana, ovvero i primi dieci minuti del segmento, scorrono in maniera tradizionale, con una storia di possessione demoniaca ambientata in un dormitorio.
La scena di sesso tra il cardinale e la novizia, è il campanello d’allarme che Kitamura ha deciso di essere se stesso, e quindi arriva la classica bombardata in pieno stile Japan, con effetti splatter, demoni (con evidente citazione dal film di Lamberto Bava) e senza prendersi troppo sul serio, regalando sicuro divertimento allo spettatore.
This way to egress è il penultimo pezzo, diretto da David Slade già regista di 30 giorni di buio, che considero un ottimo film, anche se a tanti non è piaciuto.
Non avrei investito un centesimo su questo regista, e invece è l’unico che mi ha regalato qualche brivido e tanta inquietudine.
Una madre insieme a due bambini, aspetta impaziente per una visita da uno psicologo, improvvisamente sembra vedere cose assurde che altri intorno a lei non riescono a vedere.
Il segmento è avvolto in un bianco e nero, dai contorni seppia, che conferiscono grazie all’utilizzo di una colonna sonora composta da suoni, riverberi, un atmosfera raggelante.
La trama è enigmatica, contorta, e si conclude senza darci troppe risposte, forse avrebbe funzionato di più come lungometraggio, perché gli spunti sono parecchi e racchiuderli in venti minuti a mio modo di vedere, sono abbastanza sprecati.
Ottima, l’intuizione di girare in bianco e nero.
La nota stonata, purtroppo arriva con l’ultimo segmento girato dallo stesso Garris, ovvero Dead, la storia di un bambino sopravvissuto ad una rapina, e che si risveglia in un ospedale, dove riesce a vedere le persone morte.
Una storia banale, ma che poteva essere sviluppata in una maniera decisamente migliore, ma invece Garris sembra allungare all’infinito il brodo per raggiungere il minutaggio che serviva, ma in maniera lenta e noiosa all’inverosimile.
Nightmare cinema è stato presentato in anteprima italiana, al Lucca film festival, in occasione del premio alla carriera allo stesso Mick Garris e Joe Dante.
Risulta alla fine essere un film ad episodi gradevole, divertente e che considero riuscito in parte, ovvero conferma che è quasi impossibile realizzare un film collettivo, senza avere delle note stonate al proprio interno e con registi dallo stile così differente, ovvero Garris e Dante che appartengono alla vecchia guardia, Slade che è una via di mezzo, mentre Brugues e Kitamura sono alfieri di un new horror, portato all’eccesso.
Da rivedere assolutamente la scelta di Mickey Rourke come proiezionista del cinema, totalmente inadeguato sia nell’aspetto, ovvero giubbotto di pelle a petto nudo stile biker e anche nella recitazione.


https://www.youtube.com/watch?v=EZuTa9Qftz0

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