venerdì 15 settembre 2017

LEATHERFACE




https://www.youtube.com/watch?v=rO887nGGUoE

La domanda più immediata, sarebbe: era necessario un altro film su Leatherface, dopo che era stato già detto tutto sulla sua nascita e sulla famiglia?.
La risposta ovvia, sarebbe: no, siamo a posto così, anche ricordandoci dell’ultimo scialbo film della saga in 3d (di sicuro intrattenimento, ma il finale per carità….).
E invece dipende sempre da chi lo dirige, e questa volta uno dei motivi di maggior interesse appunto, è che alla regia troviamo Alexandre Baustillo e Julien Maury.
I due registi, i cui film purtroppo ( e per ragioni sconosciute) sono ancora inediti in italia, sono gli autori di quel capolavoro chiamato A l’interieur, autentica perla nel firmamento horror che diede il via a quel periodo in cui i francesi facevano da padroni nel cinema horror con pellicole come Alta tensione di Alexandre Aja, Martyrs di Pascal Laugier e Frontiere(s) di Xavier Gens.
Film estremi, brutali, sicuramente non adatti a tutti, ma capolavori assoluti.
C’è da dire che Baustillo e Maury non erano riusciti a confermarsi, a realizzare un altro film così potente, nonostante il discreto e sottovalutato Livide.
Leatherface, sposta il suo raggio d’azione verso la nascita del mostro, iniziando a descriverci la sua famiglia malata e dedita al male assoluto.
I due registi con estrema furbizia e perizia narrativa, usano questo sottotesto per introdurci le vicende di quattro evasi da un manicomio criminale che entrano nell’orbita della famiglia Sawyer.
I personaggi in Leatherface sono negativi, comprese le forze dell’ordine, violenti, selvaggi, senza possibilità di redenzione.
Le recitazioni sono molto convincenti, e i due registi spingono il pedale sull’acceleratore mostrando tutto, con primissimi piani su lacerazioni, tagli, ferite da armi da fuoco ecc, lo spettatore viene catapultato nel mondo malato di un’america sconfitta, delusa e senza speranza.
Alcune riprese ci rimandano direttamente al capolavoro di Tobe Hooper qui nelle vesti di produttore esecutivo, e lo score musicale di John Frizzell funziona a meraviglia.

Consigliatissimo a tutti.

venerdì 8 settembre 2017





                                                         The devil's candy





https://www.youtube.com/watch?v=7zEFE7wPepc


Il connubio tra musica heavy metal e cinema horror, non è mai stato troppo fortunato, ad eccezione del cult Morte a 33 giri, del recente e divertentissimo Deathgasm, poche altre pellicole, sono riuscite ad abbinare con successo questo connubio.
Anzi, a volte, una colonna sonora troppo “heavy” ha danneggiato proprio le ambientazioni del film, come in Sotto shock di Wes Craven.
Di questo The devil’s candy, se ne parlava parecchio, con opportuna campagna pubblicitaria costruita sapientemente e i recenti trailer censurati da youtube.
Sean Byrne dopo il discreto The loved ones, si presenta quindi con un altro horror e con un altro budget.
La trama è semplicissima, una famiglia costituita da un pittore, la bella moglie e la loro giovanissima figlia appassionata di heavy metal, si trasferiscono in una casa comprata a prezzo stracciato.
La dimora era stata testimone di un fatto di sangue, avvenuto mesi prima.
Ben presto il passato tornerà a reclamare il possesso della dimora.
L’elemento della possessione satanica, viene distribuito lungo la pellicola con la presenza di un insolito “villain “ che in un primo momento non potrà che strappare numerose risate al pubblico.
Una ridicola tuta rossa, grasso, pelato, impacciato nei movimenti e nei dialoghi.
Però nella sua goffaggine, funziona e sa essere inquietante nei punti dove serve più cattiveria, come nei sacrifici.
Purtroppo alcuni elementi che potevano essere sfruttati come l’anima venduta in cambio del successo, l’ambizione, la scelta di scendere a patti col demonio, non viene adeguatamente sfruttata dal regista, così come alcuni personaggi che invece dal mio punto di vista, funzionavano alla grande come i proprietari della galleria d’arte.

Ottima invece la colonna sonora e discrete le recitazioni, per un film che dal mio punto di vista si lascia vedere senza impegno, scorre via in maniera leggera, però rimane un netto passo indietro rispetto a the loved ones.