LE
STAGIONI DEL COMMISSARIO PERSICHETTI
Ero
veramente curioso di leggere questo secondo romanzo di Raffaele Totaro.
Un
po’ perché sono sempre curioso di vedere
cosa riescono a tirare fuori dal cilindro gli amici, ma soprattutto perché fui
tra i primi a leggere La ragazza del
treno, il suo primo lavoro come scrittore.
Un
libro discreto, che si leggeva tutto d’un fiato, coinvolgente, con una bella
caratterizzazione dei personaggi, ma che risentiva di un finale a mio modo di
vedere un pochino trascurato.
Totaro
è un ragazzo poliedrico: si divide tra teatro, cinema e scrittura, non solo
attore, ma anche regista. E’ un ragazzo serio, crede in quello che fa, se
accetta una collaborazione, puoi star sicuro che con lui si arriverà in fondo.
Le stagioni del commissario
Persichetti è un giallo, così come il libro
precedente, ma se in quel caso parlai di un giallo psicologico, ora parlo senza
problemi di un romanzo classico, che segue tutti i codici del genere.
Un
commissario di Pistoia viene trasferito in Puglia a Manfredonia, alle prese con
vari delitti che avvengono nell’arco delle quattro stagioni dell’anno.
Il
libro è appunto strutturato attraverso quattro racconti che costituiscono un
unicum narrativo su cui si snodano anche le vicende private del commissario
Persichetti.
I
personaggi sono caratterizzati benissimo, in maniera cinematografica, ovvero
leggi e te li immagini tranquillamente come potrebbero essere nella realtà.
Persichetti
è un commissario capace, dotato di un grande intuito, ma soprattutto la
caratterizzazione che gli viene data è quella di una persona con una
grandissima umanità, che riesce a provare fortissimi sentimenti che spesso lo
ammantano di uno strato quasi di malinconia e solitudine.
I
paesi descritti sono quelli che uno si aspetta: ovvero storie nascoste,
intrighi, comari sempre pronte a spiare da dietro le finestre i nuovi arrivati
nel paese.
Il
tutto è descritto benissimo, come un affresco.
Lo
stile della narrazione rispecchia fedelmente il genere proposto: ovvero è
quello del giallo classico, senza virtuosismi, senza caricare mai i toni
soprattutto nella descrizione dei delitti, quindi molto lineare.
Il
punto di forza del romanzo è la descrizione della Puglia: giuro non ci sono mai
stato, ma leggevo il libro e alla fine è stato come fare un viaggio in Puglia.
La
nota dolente, e che ho notato nel primo e nel quarto racconto, è l’eccessiva
fretta nella soluzione dell’intreccio, si arriva troppo presto alla conclusione
e con colpi di scena, abbastanza “telefonati”, ma senza pregiudicare il buon
esito del tutto.