NIGHTMARE
CINEMA
Il
regista americano Mick Garris, dopo gli esperimenti con le due stagioni dei
Masters of Horror e la poco felice esperienza con Fear Itself, ci riprova
nuovamente con un altro film antologico, radunando tre registi non troppo
conosciuti e un grandissimo come Joe Dante.
Le
regole sono sempre le solite, ovvero non pensare ad eventuali problemi di
censura, e cercare di esprimere l’amore verso il cinema horror, con storie
indipendenti l’una dall’altra, ma racchiusi da una cornice comune.
Il
plot narrativo di questo film, è quanto di più semplice possibile, ma nello
stesso tempo quello che più piacerà allo spettatore medio di horror, ovvero la
sala cinematografica.
Ogni
protagonista di ogni singolo episodio, si troverà a dover passare di fronte al
cinema Rialto, e mosso da una strana sensazione, dovrà entrare ed assistere
all’episodio, dove sarà il protagonista, sotto la guida del proiezionista
interpretato da Mickey Rourke.
Il
primo episodio The thing in the woods è diretto dal giovane talento cubano
Alejandro Brugues, già autore del pregevole lungometraggio Juan of the dead.
Il
segmento, sembra un puro divertissement totalmente slasher: una ragazza che
corre nel bosco, una minaccia con un villain alquanto improbabile (il
saldatore), un cottage e tantissimo sangue che scorre, mixato con tante risate
(scena del rallenty ecc..).
Verso
la fine, troviamo uno stravolgimento narrativo, che ci può stare benissimo,
però gli insetti in animatronic sinceramente non mi hanno convinto quasi per
niente, che posso capire essere omaggi ad un cinema da drive-in, però in ogni
caso stonano con gli effetti artigianali, realizzati molto bene.
Proseguiamo
con il “fuoriclasse” dei registi coinvolti nel progetto, ovvero Joe Dante, e ci
spostiamo in una clinica per ritocchi estetici, nella più classica delle
storie, ovvero una giovane ragazza, con evidenti cicatrici sul volto, che
spinta dal futuro marito, si sottoporrà a varie operazioni, per migliorarsi.
La
struttura narrativa è molto banale, ovvero sappiamo già tutto dall’inizio
quello che succederà, e così infatti è.
Joe
Dante, sembra svolgere il suo compitino, in maniera diligente, ma senza la sua
caratteristica enfasi, il segmento scorre via senza nessuna voglia di andarlo a
rivedere.
Mashit
di Ryuhey Kitamura, forse è il pezzo che ero più curioso di vedere. Il regista
fa parte di quella scuola di eccessi orientale che a me piace parecchio, ed ha
precedentemente realizzato perle come Versus e Downrage.
La
mia domanda era semplice: ovvero come avrebbe potuto coesistere il suo cinema
fatto di budella, viscere, sangue, tipicamente orientale con registi europei
con un'altra visione di cinema.
Si
sarebbe rischiato un altro caso come per Imprint di Takashi Miike nei masters
of horror.
Kitamura,
se la cava bene, e anche in maniera un pochino ruffiana, ovvero i primi dieci
minuti del segmento, scorrono in maniera tradizionale, con una storia di
possessione demoniaca ambientata in un dormitorio.
La
scena di sesso tra il cardinale e la novizia, è il campanello d’allarme che
Kitamura ha deciso di essere se stesso, e quindi arriva la classica bombardata
in pieno stile Japan, con effetti splatter, demoni (con evidente citazione dal
film di Lamberto Bava) e senza prendersi troppo sul serio, regalando sicuro
divertimento allo spettatore.
This
way to egress è il penultimo pezzo, diretto da David Slade già regista di 30
giorni di buio, che considero un ottimo film, anche se a tanti non è piaciuto.
Non
avrei investito un centesimo su questo regista, e invece è l’unico che mi ha
regalato qualche brivido e tanta inquietudine.
Una
madre insieme a due bambini, aspetta impaziente per una visita da uno
psicologo, improvvisamente sembra vedere cose assurde che altri intorno a lei
non riescono a vedere.
Il
segmento è avvolto in un bianco e nero, dai contorni seppia, che conferiscono
grazie all’utilizzo di una colonna sonora composta da suoni, riverberi, un
atmosfera raggelante.
La
trama è enigmatica, contorta, e si conclude senza darci troppe risposte, forse
avrebbe funzionato di più come lungometraggio, perché gli spunti sono parecchi
e racchiuderli in venti minuti a mio modo di vedere, sono abbastanza sprecati.
Ottima,
l’intuizione di girare in bianco e nero.
La
nota stonata, purtroppo arriva con l’ultimo segmento girato dallo stesso
Garris, ovvero Dead, la storia di un bambino sopravvissuto ad una rapina, e che
si risveglia in un ospedale, dove riesce a vedere le persone morte.
Una
storia banale, ma che poteva essere sviluppata in una maniera decisamente
migliore, ma invece Garris sembra allungare all’infinito il brodo per
raggiungere il minutaggio che serviva, ma in maniera lenta e noiosa
all’inverosimile.
Nightmare
cinema è stato presentato in anteprima italiana, al Lucca film festival, in
occasione del premio alla carriera allo stesso Mick Garris e Joe Dante.
Risulta
alla fine essere un film ad episodi gradevole, divertente e che considero
riuscito in parte, ovvero conferma che è quasi impossibile realizzare un film
collettivo, senza avere delle note stonate al proprio interno e con registi
dallo stile così differente, ovvero Garris e Dante che appartengono alla
vecchia guardia, Slade che è una via di mezzo, mentre Brugues e Kitamura sono
alfieri di un new horror, portato all’eccesso.
Da
rivedere assolutamente la scelta di Mickey Rourke come proiezionista del
cinema, totalmente inadeguato sia nell’aspetto, ovvero giubbotto di pelle a
petto nudo stile biker e anche nella recitazione.
https://www.youtube.com/watch?v=EZuTa9Qftz0