FRONTIERS
– AI CONFINI DELL’INFERNO
Nel
2007, il regista francese Xavier Gens con Frontiers fu uno dei registi che
insieme a Pascal Laugier (Martyrs), Fabrice Du Weltz (Calvaire), Alexandre
Bustillo e Julien Maury (A l’interieur), e Alexandre Aja (Alta tensione),
ridisegnarono le frontiere del cinema horror europeo, andando a dire la loro,
contrastando il potere dell’horror americano e spagnolo contraddistinto dallo
splat- pack di Rob Zombi, Eli Roth e dai vari Balaguerò, Amenabar, Paco Plaza.
I
film che ho citato, sono pellicole ultra violente, cariche zeppe di sadismo,
nichilismo e tanta voglia di far rabbrividire lo spettatore per quello che sta
guardando.
I
personaggi sono caratterizzati all’eccesso e quasi sempre si gioca sul dualismo
vittima- carnefice che poi si rivelerà essere non meno sadica del suo aguzzino.
Frontiers,
probabilmente è il film meno ostico a livello concettuale da affrontare per uno
spettatore abituato ai classici horror- torture porn.
Non
ha la stessa carica eversiva- filosofica di Martyrs, ma comunque ha dei momenti
di violenza, difficilissimi da digerire.
L’aspetto
narrativo è semplicissimo: una rapina finita male, compiuta da alcuni ragazzi
della banlieu parigina, uno di loro muore in ospedale, gli altri in fuga dalla
polizia, trovano rifugio in una sorta di locanda sperduta nel nulla.
La
svolta avviene, quando dopo aver sedotto uno di loro, i proprietari della
locanda fanno vedere chi sono realmente: sadici aguzzini con a capo un ex
criminale nazista.
Non
siamo di fronte ad un semplicissimo torture porn alla Hostel di Eli Roth: in
Frontiers l’ironia è abolita totalmente.
I
protagonisti sono degli autentici disgraziati, che reagiscono alla loro miseria
con la violenza: non hanno nessunissima etica morale, abbandonano un loro amico
in ospedale, e finiscono vittima della loro stessa violenza.
La
violenza è presente in maniera eccessiva sotto tutti gli aspetti: concettuale e
soprattutto visiva.
Ogni
sorta di tortura, viene mostrata in primissimo piano da Xavier Gens, mai più così
estremo nemmeno col bellissimo The divide.
Fori
di proiettili che passano i corpi, mutilazioni, teste esplose, geyser di
sangue, stupri, incesti, cannibalismo.
Lo
stesso Gens ha dichiarato che le sue fonti di ispirazioni sono state: Salò o le
120 giornate di Sodoma di Pasolini, e Non aprite quella porta di Tobe Hooper,
anche se comunque la carica politico- eversiva, a mio modo non raggiunge
minimamente le vette del capolavoro maledetto del regista italiano e nemmeno
quello di Hooper, nonostante il canovaccio narrativo che segue i clichè del
cinema slasher, per poi essere abbandonato a favore dello shock torture porn e
il criminale nazista che è palesemente ispirato al capo della famiglia di
Leatherface.
In
ogni caso siamo di fronte ad un film cattivissimo, scorretto, dove tutti sono
colpevoli di qualcosa.
Da
vedere.
https://www.youtube.com/watch?v=KkBIyXVeG2U